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La scultura funeraria (Etruschi 2/3)

Gli etruschi praticavano sia il rito dell’inumazione che quello dell’incinerazione, detta anche cremazione.

I canopi della tomba a camera di Macchiapiana

(Museo civico di Sarteano, prov. Siena)

I canopi sono vasi di terracotta per contenere le ceneri Il defunto o la defunta sono riprodotti nelle loro fattezze o in figure idealizzate sul coperchio del canopo, quasi a volerne contrastare lo sfacelo fisico. Il canopo rimane in uso per un secolo circa, tra il 680-675 e il 580-575 avanti Cristo. Lo troviamo ovviamente nelle sepolture dei personaggi più in vista o delle famiglie più agiate. Il rango del defunto è sottolineato dalla presenza di un trono o di un sedile con alta spalliera, su cui il canopo è insediato. Il coperchio del vaso è costituito da una testa umana modellata nell’argilla, con gli occhi, il naso e le orecchie, e con la capigliatura resa a graffito. Sul corpo panciuto sono aggiunti piccole braccia, i seni e altre parti anatomiche.

Canopo proveniente dalla necropoli di Tolle

(Museo archeologico di Chianciano Terme, prov Siena)

I ritratti dei canopi erano di grande potenza espressiva, avevano un valore simbolico più importante della loro funzione di raccoglitore per le ceneri del defunto

In molti casi i canopi hanno una potenza espressiva, da poter essere considerati come il prodotto d’arte più peculiare dell’arte funeraria etrusca.

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Il regno dei morti (Etruschi 1/3)

Tra le civiltà antiche, anche gli Etruschi utilizzavano per i loro defunti importanti pratiche perché, nei primi tempi, erano legati alla concezione della continuazione della vita dopo la morte.

L’angoscia per la morte di un proprio caro trovava sollievo nel pensare che il dopo-morte è una prosecuzione della vita terrena, quindi era importante far sopravvivere l’individualità e perpetuarne la memoria. Le sofferenze delle anime dei morti potevano essere alleviate dai parenti con riti offerte e sacrifici.

Visitando d’indizi sui rituali della fine e sulle credenze etrusche relative al futuro oltremondano degli uomini. le necropoli i dipinti, i sarcofagi, presenti soprattutto in Toscana si ha una chiara visione dei rituali sulla fine e sulle credenze etrusche relative al futuro.

La tomba era quindi realizzata in modo da sembrare la casa del defunto, sia nell’architettura che negli arredi. Assieme al corpo venivano inumati anche i suoi beni più personali e preziosi, vestiti, gioielli, armi, oggetti di uso quotidiano. Sulle pareti del sepolcro erano dipinte scene dal forte significato vitale, come banchetti, giochi atletici, danze.

Dal V secolo a.C. anche la concezione del mondo dei defunti risentì in modo più marcato dell’influenza della civiltà greca. Venne così a configurarsi un al di là, localizzato in un mondo sotterraneo, nel quale le anime dei defunti trasmigravano, abitato da divinità infernali e dagli spiriti di antichi eroi.

Gli esempi più antichi di tomba monumentale sono costruiti sul modello dell’abitazione allora in uso: una capanna a pianta circolare o ellittica. Si tratta infatti di sepolcri a pianta circolare edificati con grandi blocchi di pietra e coperti con una falsa cupola ottenuta dalla progressiva sporgenza verso l’interno dei filari dei blocchi fino ad una lastra terminale di chiusura. Alla camera sepolcrale si accedeva attraverso un breve corridoio dove spesso venivano poste offerte di cibo o suppellettili.

Quando questa tipo di tomba venne abbandonata, si passò ad una scavata sottoterra, prima ad un solo ambiente poi a più a camere. Le tombe interamente scavate sottoterra, generalmente nei fianchi di colline, sono definite “ipogei”, mentre quelle scavate in terreno pianeggiante e ricoperte da terra e pietrisco “tumuli”.

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“Sulla morte” di K.Gibran

Ora vorremmo chiederti della Morte. E lui disse: Voi vorreste conoscere il segreto della morte, ma come potrete scoprirlo se non cercandolo nel cuore della vita?

Il gufo, i cui occhi notturni sono ciechi al giorno, non può svelare il mistero della luce. Se davvero volete conoscere lo spirito della morte, spalancate il vostro cuore al corpo della vita, poiché la vita e la morte sono una cosa sola, come una sola cosa sono il fiume e il mare.

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Che cos’è morire, se non stare nudi nel vento e disciogliersi a sole.
E che cos ’è emettere l ’ultimo respiro se non liberarlo dal suo incessante fluire, così che possa risorgere e spaziare libero alla ricerca di Dio?

Solo se berrete al fiume del silenzio, potrete davvero cantare.
E quando avrete raggiunto la vetta del monte, allora incomincerete a salire. E quando la terra esigerà il vostro corpo, allora danzerete veramente.

“Sulla morte” tratto da “Il Profeta” – opera di K.Gibran

[*] testo non integrale