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Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo.

I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.

Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio.

 O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.

Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto

come ascoltare un labbro chiuso.
                Scenderemo nel gorgo muti.

Ad ispirare la poesia “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi” (22 marzo 1950) è l’infelice storia d’amore di Cesare Pavese con Constance Dowling.

 Il legame tra amore e morte è cantato da molti poeti e i loro versi aprono la nostra mente e cuore.

Il pensiero della morte ci accompagna dall’età della consapevolezza; è una presenza con la quale ci dobbiamo confrontare sia direttamente, famigliarmente sia per eventi accaduti ad altri.

Venire a contatto con la morte segna il nostro percorso di maturità anche se non sempre riusciamo a capire o accettare il modo in cui lei si manifesta

 

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La morte è la curva della strada

La morte è la curva della strada,
morire è solo non essere visto.

Se ascolto, sento i tuoi passi
esistere come io esisto.


La terra è fatta di cielo.


Non ha nido la menzogna.


Mai nessuno s’è smarrito.
Tutto è verità e passaggio.

(Fernando Pessoa)

Quando percorriamo una strada sconosciuta e sinuosa, non sappiamo cosa possiamo scoprire dietro ad ogni curva.

Anche la morte si presenta come la curva terminale della nostra vita.

Ma l’invisibilità non spegne il ricordo di chi ci ha amato.

La memoria nutre i nostri sensi e alimenta la continuità tra terra e cielo.

Nel percorso c’è verità e nessuno si è smarrito

Quando percorriamo una strada sconosciuta e sinuosa, non sappiamo cosa possiamo scoprire dietro ad ogni curva.

Anche la morte si presenta come la curva terminale della nostra vita.

Ma l’invisibilità non spegne il ricordo di chi ci ha amato.

La memoria nutre i nostri sensi e alimenta la continuità tra terra e cielo.

Nel percorso c’è verità e nessuno si è smarrito

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Credo

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La lampada

Se sei amato la morte non spegne la tua luce, perché è l’amore che ti rende immortale e ti conduce ad una nuova vita, ad una nuova alba.

 

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I sarcofagi (Etruschi 3/3)

Gli studiosi ipotizzano che le prime produzioni etrusche dei sarcofagi, sia in pietra sia in terracotta, abbiano riprodotto modelli greci e fenicio-orientali.

Sarcofago degli sposi. Cerveteri, 520 a.C. circa, terracotta. Roma, Museo nazionale Etrusco di Villa Giulia.

I sarcofagi, quasi sempre in terracotta, sono la creazione più originale dell’arte etrusca. La cassa è decorata con scene di combattimento o episodi mitologici di derivazione greca. Il coperchio ha la forma di un letto e su di esso è adagiato il defunto, spesso accompagnato dalla moglie. Le persone vengono rappresentate nel momento del banchetto.

Coperchio di sarcofago con coppia di sposi.

Da Vulci (tomba dei Tetnies)

Fine del IV secolo a.C. Travertino – Boston.

I volti sono estremamente caratterizzati, vengono evidenziati senza pietà le deformità del corpo o della vecchiaia. L’uomo etrusco, smarrito davanti al vuoto della morte, tenta di colmarlo con le immagini reali del mondo. Ogni cosa si riempie di significato e anche le imperfezioni o le deformità diventano rivelazioni di vita, tracce concrete dell’esistere.

 

I riti funebri

Il giorno della sepoltura un lungo corteo si snodava dall’abitazione del defunto alla tomba della famiglia. Sacerdoti con i simboli del loro ufficio religioso, suonatori di flauto, parenti e conoscenti con offerte votive, accompagnavano il corpo trasportato su di un carro a quattro ruote.

Purtroppo, l’incompleta conoscenza della lingua etrusca non ci consente di comprendere chiaramente il linguaggio specializzato dei testi utilizzati, e quindi non siamo in grado di ricostruire con precisione le cerimonie.

Ciò che possiamo dire con certezza è che la preghiera, la musica e la danza vi avevano grande importanza; e che, al momento più intensamente religioso, si affiancavano giochi di destrezza, gare atletiche e combattimenti cruenti all’ultimo sangue.

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La scultura funeraria (Etruschi 2/3)

Gli etruschi praticavano sia il rito dell’inumazione che quello dell’incinerazione, detta anche cremazione.

I canopi della tomba a camera di Macchiapiana

(Museo civico di Sarteano, prov. Siena)

I canopi sono vasi di terracotta per contenere le ceneri Il defunto o la defunta sono riprodotti nelle loro fattezze o in figure idealizzate sul coperchio del canopo, quasi a volerne contrastare lo sfacelo fisico. Il canopo rimane in uso per un secolo circa, tra il 680-675 e il 580-575 avanti Cristo. Lo troviamo ovviamente nelle sepolture dei personaggi più in vista o delle famiglie più agiate. Il rango del defunto è sottolineato dalla presenza di un trono o di un sedile con alta spalliera, su cui il canopo è insediato. Il coperchio del vaso è costituito da una testa umana modellata nell’argilla, con gli occhi, il naso e le orecchie, e con la capigliatura resa a graffito. Sul corpo panciuto sono aggiunti piccole braccia, i seni e altre parti anatomiche.

Canopo proveniente dalla necropoli di Tolle

(Museo archeologico di Chianciano Terme, prov Siena)

I ritratti dei canopi erano di grande potenza espressiva, avevano un valore simbolico più importante della loro funzione di raccoglitore per le ceneri del defunto

In molti casi i canopi hanno una potenza espressiva, da poter essere considerati come il prodotto d’arte più peculiare dell’arte funeraria etrusca.

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Il regno dei morti (Etruschi 1/3)

Tra le civiltà antiche, anche gli Etruschi utilizzavano per i loro defunti importanti pratiche perché, nei primi tempi, erano legati alla concezione della continuazione della vita dopo la morte.

L’angoscia per la morte di un proprio caro trovava sollievo nel pensare che il dopo-morte è una prosecuzione della vita terrena, quindi era importante far sopravvivere l’individualità e perpetuarne la memoria. Le sofferenze delle anime dei morti potevano essere alleviate dai parenti con riti offerte e sacrifici.

Visitando d’indizi sui rituali della fine e sulle credenze etrusche relative al futuro oltremondano degli uomini. le necropoli i dipinti, i sarcofagi, presenti soprattutto in Toscana si ha una chiara visione dei rituali sulla fine e sulle credenze etrusche relative al futuro.

La tomba era quindi realizzata in modo da sembrare la casa del defunto, sia nell’architettura che negli arredi. Assieme al corpo venivano inumati anche i suoi beni più personali e preziosi, vestiti, gioielli, armi, oggetti di uso quotidiano. Sulle pareti del sepolcro erano dipinte scene dal forte significato vitale, come banchetti, giochi atletici, danze.

Dal V secolo a.C. anche la concezione del mondo dei defunti risentì in modo più marcato dell’influenza della civiltà greca. Venne così a configurarsi un al di là, localizzato in un mondo sotterraneo, nel quale le anime dei defunti trasmigravano, abitato da divinità infernali e dagli spiriti di antichi eroi.

Gli esempi più antichi di tomba monumentale sono costruiti sul modello dell’abitazione allora in uso: una capanna a pianta circolare o ellittica. Si tratta infatti di sepolcri a pianta circolare edificati con grandi blocchi di pietra e coperti con una falsa cupola ottenuta dalla progressiva sporgenza verso l’interno dei filari dei blocchi fino ad una lastra terminale di chiusura. Alla camera sepolcrale si accedeva attraverso un breve corridoio dove spesso venivano poste offerte di cibo o suppellettili.

Quando questa tipo di tomba venne abbandonata, si passò ad una scavata sottoterra, prima ad un solo ambiente poi a più a camere. Le tombe interamente scavate sottoterra, generalmente nei fianchi di colline, sono definite “ipogei”, mentre quelle scavate in terreno pianeggiante e ricoperte da terra e pietrisco “tumuli”.

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“Sulla morte” di K.Gibran

Ora vorremmo chiederti della Morte. E lui disse: Voi vorreste conoscere il segreto della morte, ma come potrete scoprirlo se non cercandolo nel cuore della vita?

Il gufo, i cui occhi notturni sono ciechi al giorno, non può svelare il mistero della luce. Se davvero volete conoscere lo spirito della morte, spalancate il vostro cuore al corpo della vita, poiché la vita e la morte sono una cosa sola, come una sola cosa sono il fiume e il mare.

[*]

Che cos’è morire, se non stare nudi nel vento e disciogliersi a sole.
E che cos ’è emettere l ’ultimo respiro se non liberarlo dal suo incessante fluire, così che possa risorgere e spaziare libero alla ricerca di Dio?

Solo se berrete al fiume del silenzio, potrete davvero cantare.
E quando avrete raggiunto la vetta del monte, allora incomincerete a salire. E quando la terra esigerà il vostro corpo, allora danzerete veramente.

“Sulla morte” tratto da “Il Profeta” – opera di K.Gibran

[*] testo non integrale

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Non sapendo quando l’alba possa venire

Non sapendo quando l’alba possa venire
lascio aperta ogni porta,
che abbia ali come un uccello
oppure onde, come spiaggia.

(Emily Dickinson)

La poesia, per la sua stessa natura, può avere diverse interpretazioni suggerite dalla sensibilità di chi la legge.

La mia è questa: l’alba è il risveglio oltre la morte

Non conoscere l’ora precisa in cui avrà inizio l’alba, ti suggerisce di vigilare come una sentinella, di osservare l’orizzonte, nella certezza che il giorno verrà, con ali d’uccello oppure come onde sulla sabbia. Devi essere accorto per sapere come fare entrare il mondo in te e guardingo nel sapere come muoverti in esso.  Nella certezza che la notte avrà termine.

 

Emily Elizabeth Dickinson nota come Emily Dickinson (Amherst, 10 dicembre1830 – Amherst, 15 maggio1886) è stata una poetessa statunitense, considerata tra i maggiori lirici moderni

 

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Un lieto dormire

“Come una giornata ben spesa dà un lieto dormire, così una vita ben usata dà un lieto morire”.

Diceva Leonardo da Vinci.

Il segreto per star bene con noi stessi sta nel trovare un equilibrio interiore, portando armonia nel corpo, nella mente e nello spirito.

Tutto in noi è collegato, per cui l’equilibrio sul piano psicologico ed emotivo, ad esempio, ha ripercussioni anche sul corpo e su tutto il nostro essere.

Questo si riflette sulle valutazioni, scelte, decisioni e sui sentimenti che guideranno la nostra vita.

E lasciare la vita terrena sarà meno doloroso.